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Mariangela Pala 7 marzo 2015
Porto Torres: mafia e antimafia, la lezione di La Torre
Una grande lezione, presso l’Istituto Paglietti, sull’attività antimafia tenuta dal figlio di Pino La Torre, padre del reato di associazione mafiosa, Franco La Torre, membro di Libera e Presidente di Flare


PORTO TORRES - L'antimafia, una lotta che ha inizio con il delitto di Pino La Torre (30 aprile 1982), il padre del reato di associazione mafiosa, con cui la mafia ha voluto lanciare un pesante messaggio intimidatorio alla mobilitazione che allora era in atto: un movimento antimafia formato da associazioni, partiti, sindacati, singoli cittadini, uniti dall'emozione suscitata dalle continue manifestazioni della violenza mafiosa. Un’esperienza che ha portato nel marzo del 1995 alla costituzione di "Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le mafie", che in pochi anni è arrivata a raggruppare circa un migliaio di associazioni, tra nazionali e locali, e che opera sulla base di progetti e campagne sui vari temi dell'impegno antimafia, dall'educazione alla legalità alla confisca dei beni, dagli appalti alle droghe e all'informazione.

Ieri una grande lezione, presso l’Istituto Paglietti, sull’attività antimafia tenuta dal figlio di Pino La Torre, Franco La Torre, attualmente membro dell’Ufficio di Presidenza di Libera e Presidente di Flare – Freedom Legality and Rights in Europe, la rete che raccoglie circa 40 organizzazioni impegnate nel contrasto al crimine organizzato. L'evento rientra nell'ambito di “I cento passi verso il 21 marzo”, l’iniziativa proposta da Libera Sardegna in collaborazione con il Centro di Servizio per il Volontariato “Sardegna Solidale”, che in sedici centri dell’Isola rilancia il tema della lotta alla mafia in vista della grande manifestazione in programma a Bologna il 21 marzo 2015, primo giorno di primavera, in occasione della ventesima edizione della Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.

Davanti agli studenti e alle associazioni scout, Agesci e Cngei, Franco La Torre ha raccontato l’attività di un uomo, il parlamentare comunista autore della legge antimafia che porta il suo nome e che introdusse nel codice penale il reato di associazione mafiosa e la confisca dei patrimoni della criminalità organizzata, il cui giudizio va al di là del colore politico poiché appartenente a quella rara categoria di coloro che si sono sempre donati alla collettività. Presenti anche la Presidente della Consulta del volontariato, Adonella Melllino, la responsabile gruppo scout Cngei, Sandra Conti e il referente di Libera in Sardegna, Giampiero Farru. Dopo trentadue anni dall’approvazione della legge Rognoni-La Torre sulla confisca dei beni ai mafiosi, un’altra conquista, un anno fa l’approvazione da parte del Parlamento europeo della direttiva sulla confisca dei beni ottenuti mediante attività criminali, uno degli strumenti più efficaci di repressione della criminalità organizzata: Un tributo a Pio La Torre ed un tassello in più in Europa per affermare il principio di legalità.

«L’italia è il paese della mafia ma anche dell’antimafia», ha esordito nel suo discorso Franco La Torre, per sottolineare come la Direttiva Europea rappresenti un altro pezzo nelle politiche e nelle strategie di contrasto nei confronti del crimine organizzato a livello comunitario: aggredire i patrimoni che sono stati accumulati illegalmente all’estero, dove per troppi anni le mafie internazionali hanno trovato vita facile nel reinvestire le loro ricchezze, mentre in compenso la società civile da anni ha promosso campagne e attività perché questa direttiva potesse vedere la luce. «Se si vuole sconfiggere la mafia occorre prendere coscienza del fenomeno mafioso che si nasconde nelle classi dirigenti economiche ed istituzionali alleate con la criminalità al fine di mantenere il loro sistema di potere», ha affermato La Torre che condivide l’analisi del padre, il quale definiva la mafia un fenomeno di classi dirigenti e quindi conseguentemente la sua affermazione che la lotta alla mafia è una lotta per la democrazia in difesa dello stato democratico.

La mafia è dunque, anche un fenomeno culturale «intesa come l’ideologia tipica di un gruppo di potere, quello mafioso che utilizzerebbe una strumentale affinità con una certa cultura siciliana per ottenere il consenso di cui ha bisogno», sostiene il Presidente di Flare. L'approccio culturalista è giudicato erroneo, privo di basi scientifiche e controproducente sul piano del contrasto al fenomeno mafioso. Lo storico, ambientalista ed esperto in cooperazione internazionale ha approfondito alcuni aspetti della storia del post II guerra mondiale, in cui i ceti aristocratici, con l’avvento della Repubblica perdendo il ruolo determinante che avevano detenuto, si alleano con la mafia contro quel movimento di progresso che nasceva all’indomani della lotta di liberazione dell’Italia repubblicana.

«La normale dialettica tra progresso e conservazione c’è sempre stata nella storia dell’uomo. Nell’Afghanistan moderno, nell’Iraq moderno, gruppi di potere si alleano con gruppi criminali per mantenere la loro posizione, la storia degli Stati Uniti e di molti altri Paesi non è stata differente», ha spiegato La Torre. Ora in Italia e in Europa si gioca la partita della gestione e dell’utilizzo dei beni confiscati e la loro destinazione a fini sociali. L’associazione Libera sostiene attivamente la proposta di iniziativa popolare promossa insieme a Cgil, Arci ed altre organizzazioni. «La sfida è ridare un quadro di certezze alle aziende confiscate e a chi ci lavora, per battere il pregiudizio per cui la mafia da lavoro e l’antimafia no». Obiettivo è educare la società civile all’idea che la promozione e l’attuazione di progetti di valorizzazione dei beni sequestrati restituiscono il maltolto e contribuiscono a rafforzare le politiche di coesione sociale.
Commenti
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