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Red 14 agosto 2020
«Non c’è spazio per mega impianti offshore»
Gli ambientalisti chiedono al Governo di escludere gli impianti fotovoltaici a terra, di individuare con precisione le superfici edificate adatte, sia urbane, sia industriali, favorendo il loro utilizzo per la produzione di energia da fotovoltaico, e di vietare la proliferazione indiscriminata di devastanti campi eolici


CAGLIARI - Italia nostra, con Pro natura, Amici della terra. Salviamo il paesaggio ed altre associazioni ambientaliste, in un recente documento ha auspicato che il “Green Deal” europeo in difesa del clima globale consenta di scegliere tecnologie e modalità sostenibili non solo per l’ambiente, ma anche per il territorio e per il paesaggio. Nel documento chiedono al Governo (in fase di individuazione delle aree idonee alla produzione di energia rinnovabile da Fer) di escludere gli impianti fotovoltaici a terra, di individuare con precisione le superfici edificate adatte, sia urbane, sia industriali, favorendo il loro utilizzo per la produzione di energia da fotovoltaico, e di vietare la proliferazione indiscriminata di devastanti campi eolici.

Sulla scorta di queste linee, ritenute propedeutiche per i criteri di scelta delle localizzazioni degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, Italia nostra Sardegna ha inviato di recente un documento di osservazioni al Ministero dell’Ambiente e della difesa del mare, intervenendo nella procedura di scoping attivata in relazione all’esteso parco eolico offshore, che una società intenderebbe posizionare al largo della costa sud occidentale della Sardegna. Con le osservazioni, Italia nostra Sardegna ritiene di dover richiamare l’attenzione del Ministero sull’obbligo della congruenza di un impianto eolico delle proporzioni di quello proposto con i principi generali e gli obiettivi contenuti nel Pniec e sulla compatibilità dello stesso con le cogenti Direttive europee. Nel documento, presentato a gennaio al Mise (da Italia nostra Sardegna, Wwf, Cobas Cagliari ed Usm Sardegna) durante le audizioni per il Phase out dal carbone, veniva anche dimostrata la possibilità che la Sardegna possa nel medio termine divenire un’Isola “Zero Co2”. Italia nostra ritiene che nell’Isola «non possa esserci spazio per la speculazione energetica e per la concentrazione della produzione elettrica in mega impianti, che porterebbero in breve tempo la rete elettrica sarda, già sotto stress e tecnicamente obsolescente, al collasso, incrementando situazioni di instabilità e fenomeni di overgeneration». Invece, l’associazione ritiene non differibile l’adozione di sitemi di produzione energetica diffusi sul territorio e l’incentivazione dell’autoconsumo.

Peraltro, sia il Pniec, sia le recenti direttive europee emanate nell’ambito del Green new deal, ravvisano la necessità di una produzione e consumo dell’energia da contenersi all’interno di distretti energetici, territorialmente definiti e previsti dallo stesso Pear Sardegna, e sollecitano con specifici indirizzi normativi la costituzione delle Comunità energetiche, obiettivi che nel loro complesso appaiono antitetici all’incontrollato moltiplicarsi di produzioni energetiche polarizzate in megacentrali. Nelle osservazioni, viene ancora evidenziato che l’impianto offshore condizionerebbe in termini fortemente penalizzanti lo studio richiesto dal Ministero dell’Ambiente all’Ispra per l’individuazione di un’Area marina protetta nell’Arcipelago del Sulcis e nella costa adiacente, attualmente in corso di istituzione. Infatti, il campo eolico proposto limiterebbe fortemente la perimetrazione dell’Amp e comprometterebbe la possibilità di condurre a buon fine un’iniziativa con ritorni economici certi per l’intera collettività ed utile per garantire la tutela del mare, dell’ambiente e delle biodiversità presenti nel tratto di mare del sud-ovest sardo.

Nella foto: il ministro Sergio Costa
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