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Monica Caggiari 10 aprile 2005
Le problematiche della “Norma in materia di procreazione medicalmente assistita”
La legge, necessaria per un vuoto legislativo, è stata tuttavia costruita facendo riferimento alle norme costituzionali, in un clima di commistione tra norma giuridica ed etica e morale comune, che secondo l’esperta non dovrebbero invece essere così profondamente egemoniche nel legiferare


ALGHERO - L’interesse delle persone, confluite sabato pomeriggio nella Sala Convegni di San Francesco, era tutto per l’aggrovigliata questione giuridica della Legge 40 del 2004, al centro del convegno “La Fecondazione assistita: superare l’infertilità”, organizzato dalla sezione algherese della Fidapa e dalle Commissioni igiene–Sanità e Legislazione del Comune di Alghero. Il convegno è stato diviso in tre parti, con la prima fase medico–scientifica, illustrata dal direttore della Clinica universitaria ginecologica e ostetrica di Sassari, prof. Salvatore Dessole, e la più complessa regolamentazione legislativa, trattata dalla dott.sa Antonella Di Florio, magistrato ed esperta in materia, che ha illustrato minuziosamente la norma di legge, ravvisando in particolar modo in alcuni articoli una serie di provvedimenti incongruenti. La legge, necessaria per un vuoto legislativo, è stata tuttavia costruita facendo riferimento alle norme costituzionali, in un clima di commistione tra norma giuridica ed etica e morale comune, che secondo l’esperta non dovrebbero invece essere così profondamente egemoniche nel legiferare.
Ecco intanto un elenco dei punti salienti, che costituiscono la base della problematica “Norma in materia di procreazione medicalmente assistita”: 1) L’accesso alla fecondazione assistita è consentito solo se non possono eliminare le cause che impediscono la procreazione. 2) Possono ricorrere a tali tecniche le coppie, anche di fatto, i cui componenti dovranno essere maggiorenni, eterosessuali e in età fertile. Entrambi devono essere viventi; non è cioè consentita la fecondazione post mortem. 3) L’embrione può essere creato solo se l’ovulo e il seme provengono da una coppia (fecondazione omologa), mentre non sono ammessi donatori esterni e sconosciuti (fecondazione eterologa). 4) Il ricorso alle tecniche di fecondazione assistita è consentito solamente se i diritti di tutti e tre i coinvolti, compreso il concepito, sono assicurati; questo è uno dei nodi della discordia, perché ha portato all’equiparazione, nell’ambito dei diritti della persona, dell’embrione come soggetto attivo del processo di concepimento. Per assurdo, non è però mantenuto il diritto alla nascita, perché la legge prevede l’aborto terapeutico. Il che rimanda al prossimo punto. 5) La legge vieta la diagnosi genetica preimpianto; inoltre non permette alla donna di avvalersi del diritto di recedere dalla scelta di procedere con una procreazione assistita, costringendola così comunque all’impianto. Permette, tuttavia, appunto l’aborto terapeutico. 6) La produzione degli embrioni è contingentata. Questo significa che non è legale produrre più embrioni di quelli occorrenti, per un massimo di tre, ad un unico impianto, che sarà forzatamente, nel caso di più embrioni e sempre massimo tre, contemporaneo. 7) La crioconservazione degli embrioni è vietata. Sarà fatta eccezione solo se quel massimo di tre embrioni, previsti dalle norme vigenti, non potranno essere trasferiti per ragioni di salute. Gli embrioni già congelati, circa 30 mila nel nostro paese, sono sottoposti all’autorità del governo, il quale ancora non ha stabilito i termini della conservazione. 8) Un divieto assoluto riguarda la clonazione e la sperimentazione. Quest’ultima in particolare ha scatenato diatribe e mobilitazioni di massa.
I nodi del dibattito in sede giuridica si sviluppano, secondo Di Florio, attorno a tre punti fondamentali: lo status giuridico dell’embrione, che viene equiparato ad essere vivente e attivo nella società, che accede così a diritti che, secondo il magistrato, sono riferibili solo agli esseri viventi dal feto in poi; l’altro punto cruciale è la diagnosi genetica preimpianto, che è vietata, ma che è finalizzata all’individuazione di difetti genici (e non degli occhi azzurri o dei capelli biondi), con conseguenze gravi per nascituro e famiglia. La legge non vieta però l’aborto terapeutico, il che appare alla dott.sa Di Florio in forte contrasto legislativo con il veto all’analisi preimpianto, che eviterebbe alla donna, già sottoposta a tecniche talvolta invasive e a terapie di forte impatto sull’equilibrio psicofisico, l’ulteriore trauma dell’aborto e del tentativo fallito; il terzo punto controverso è incentrato sulla questione dell’impossibilità di recedere dalla scelta adottata dalla coppia e l’obbligo d’impianto di tutti gli ovuli fecondati (sempre massimo tre) in vitro. Quest’obbligo appare particolarmente sgradevole, in virtù di quei diritti acquisiti nel tempo e con dure lotte, che assicurano ai cittadini la libertà di poter gestire e rivedere le proprie scelte.
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